IL GIUDICE 
 
    a scioglimento della riserva datata 29 marzo 2017; 
    esaminati gli atti di causa e la documentazione in allegato; 
    rilevato che con atto  di  citazione  datato  10  novembre  2014,
notificato il 12 novembre 2014, Demattio Irmtraud, nell'assumere:  1)
che il defunto marito dell'attrice Dalsass Ioachim nato a Laives (BZ)
il 3 dicembre 1926 e deceduto  l'8  ottobre  2005,  ha  ricoperto  la
carica di Consigliere dalla Regione autonoma Trentino-Alto Adige, dal
13 dicembre 1986 al 26 luglio 1979, versando  contributi  finalizzati
all'erogazione dell'assegno vitalizio per oltre vent'anni; 2) che  il
Dalsass ha inoltre ricoperto  la  carica  di  membro  del  Parlamento
europeo per tre legislature dal 17/0/1979 al 18 luglio 1994;  3)  che
la Regione ha disposto la corresponsione al medesimo  ed  in  seguito
all'attuale  attrice  a  titolo   di   reversibilita',   dell'assegno
vitalizio quantificato nel luglio 2014 in € 6.761,87  mensili  lordi;
4) che la stessa si e' vista  rideterminare  l'assegno  vitalizio  di
reversibilita' erogato dal Consiglio regionale nella  ridotta  misura
in € 1.895,89 nonche' il «recupero della maggiore  somma  erogata»  -
cosi' rideterminata quale, differenza fra il  limite  massimo,  di  €
9.000,00  introdotto  dall'art.  3  L.R.  n.  5/2014,  e  l'ammontare
dell'assegno vitalizio parlamentare - e con conseguente comunicazione
della ragioneria  del  Consiglio  regionale  di  trattenimento  di  €
1.437,77 a titolo di recupero delle somme percepite dal 17 luglio  31
agosto 2014; ha  chiesto  che  sia  accertato  il  suo  diritto  alla
corresponsione dell'assegno vitalizio di reversibilita'  erogato  dal
Consiglio regionale nell'ammontare di € 6.361,87 mensili senza subire
le decurtazioni di cui agli articoli 2 -  3 -  L.R.  n.  5/2014,  con
conseguente  condanna  della  resistente  al  versamento  di   quanto
indebitamente trattenuto. 
    L'attore ha censurato gli articoli 2 e 3 della menzionata L.R. ed
i provvedimenti amministrativi che ne sono  conseguiti,  lamentandone
la   contrarieta'   ai   principi    comunitari    e    convenzionali
dell'affidamento  e  della  certezza  dei  rapporti  giuridici   come
garantiti dagli articoli 3, 10, 11 e 117 comma 1 della Costituzione e
articoli 6 e 13 della  Convenzione  europea  dei  diritti  dell'uomo,
nonche' ha lamentato la contrarieta' della suddetta  legge  regionale
ai principi di ragionevolezza, di gradualita'  e  di  uguaglianza  ed
ancora la violazione del riparto di  competenze  legislative  fissato
all'art. 117 della Costituzione, chiedendo  che  venga  sollevata  la
questione di legittimita' costituzionale degli articoli 2 e  3  della
L.R. n. 5/2014 per contrasto con gli articoli 2, 3, 10, 11,  42,  117
della Costituzione; 
    rilevato  che  l'attore  ha  evocato  nel  presente  giudizio  il
Consiglio regionale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige  e  la
Regione autonoma Trentino Alto Adige, i quali si sono  costituiti  in
giudizio,  deducendo  l'infondatezza  di  ogni  lamentata  violazione
costituzionale; 
    rilevato che, instaurato  il  contraddittorio,  la  causa  veniva
discussa sulla questione preliminare della  giurisdizione  e  che,  a
seguito di regolamento preventivo di giurisdizione, la Suprema  Corte
ha confermato la giurisdizione del giudice ordinario, motivo per  cui
il presente giudizio  e'  stato  riassunto  dalle  parti  e  discusso
all'udienza del 29 marzo 2017; 
    evidenziata la rilevanza e la non  manifesta  infondatezza  della
sollevata eccezione di illegittimita' costituzionale per le  seguenti
ragioni: 
        1)  la   rilevanza   perche'   la   pretesa   attorea   volta
all'accertamento del diritto  alla  corresponsione  dell'assegno  per
intero e senza il cumulo e le riduzioni di cui agli articoli  2  e  3
della L.R. n. 5/2014, nonche' la stessa  pretesa  restitutoria  della
Regione Trentino-Alto Adige, in tanto potranno ritenersi  fondate  in
quanto le disposizioni  di  riferimento  siano  o  meno  conformi  ai
parametri  costituzionali  invocati  dall'attore,   di   talche'   la
questione di legittimita' costituzionale riveste  indubbio  carattere
di rilevanza, dipendendo dalla stessa la decisione del  merito  delle
domande formulate in causa; 
        2) quanto alla non manifestata infondatezza: 
          l'art. 2, rubricato «Riduzione sull'ammontare degli assegni
vitalizi diretti e di riversibilita'», ha previsto che: «a  decorrere
dal mese  successivo  all'entrata  in  vigore  della  presente  legge
l'ammontare lordo mensile di tutti gli assegni vitalizi diretti,  non
attualizzati, di reversibilita', compresi quelli gia' in godimento  o
attribuiti, e' ridotto di una percentuale del 20 per  cento,  desunta
dalla percentuale di riduzione della indennita' parlamentare lorda di
cui  all'art.  1  legge  31  ottobre  1965,  n.  1261  e   successive
modificazioni, alla data del 1° gennaio 2014, rispetto all'indennita'
parlamentare  lorda  indicata  nell'art.  8,  comma  2,  della  legge
regionale 21 settembre 2012, n. 6»; 
        3) l'art. 3, rubicato «Limite di cumulo di assegni  vitalizi»
ha previsto: «Ove il titolare  di  assegno  vitalizio  diretto  o  di
reversibilita' goda di altro trattamento o  vitalizio  diretto  o  di
reversibilita' per aver ricoperto cariche di parlamentare nazionale o
europeo o per essere stato componente di  organi  di  altre  regioni,
l'assegno erogato dal Consiglio regionale, considerato  ai  fini  del
calcolo del cumulo  al  lordo  del  valore  attuale,  viene  ridotto,
qualora l'importo lordo complessivo degli assegni  stessi  superi  la
misura  lorda  di  €  9.000,00  per  gli  assegni  vitalizi  diretti,
rispettivamente calcolata  in  modo  proporzionale  per  gli  assegni
vitalizi di reversibilita'. Ai fini dell'applicazione del comma 1, il
titolare di assegno vitalizio diretto o di reversibilita' erogato dal
Consiglio regionale e' tenuto a dichiarare all'Ufficio di  Presidenza
o  di  non  percepire  alcun   assegno   vitalizio   diretto   o   di
reversibilita', o l'ammontare lordo degli  assegni  percepiti,  entro
sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge. In  caso
di mancata ottemperanza dell'obbligo di  dichiarazione  previsto  dal
comma 2,  l'assegno  vitalizio  diretto  o  di  reversibilita'  viene
sospeso e, per  le  due  mensilita'  gia'  erogate,  si  provvede  al
recupero dell'indebito in base alle comuni procedure»; 
    nel caso di specie, l'attrice, in ragione della carica  ricoperta
dal defunto marito di Consigliere regionale e di Europarlamentare, ha
maturato al diritto alla corresponsione di due  assegni  vitalizi  di
reversibilita', il  primo  erogato  dal  Consiglio  regionale  per  €
6.761,87, il  secondo  erogato  dal  Parlamento  europeo  pari  ad  €
3.954,11. 
    Successivamente, ai sensi degli articoli 2-3 L.R. n. 05/2014,  in
vigore dal 17 luglio 2014, con efficacia retroattiva, l'attrice si e'
vista applicare il limite di cumulo di tali assegni  e  rideterminata
la sua misura in € 1.895,89 mensili e richiesta in restituzione della
maggiore somma delle more erogata; il tutto con efficacia  permanente
e sine die, cioe' non limitata nel tempo; 
    costituisce ius receptum della giurisprudenza anche  della  Corte
costituzionale  il  principio  -   di   derivazione   comunitaria   e
convenzionale - della intangibilita' dei diritti  acquisiti  e  della
certezza e stabilita' dei rapporti giuridici quale  forma  di  tutela
del legittimo affidamento. 
    Il  legittimo  affidamento  costituisce  un  principio   generale
dell'ordinamento comunitario; numerosissime sono  le  pronunce  della
Corte di Giustizia europea che, da tempo e  costantemente,  affermano
la vigenza ed il carattere fondamentale di tale canone.  Sebbene  non
espressamente contemplata dai trattati dell'Unione europea, la tutela
dell'affidamento trova collocazione  in  svariate  statuizioni  della
Corte di Giustizia europea a partire dal 1978, ove venne sancito  che
la «Tutela dell'affidamento fa  parte  dell'ordinamento  comunitario»
(v. sentenza 3 maggio 1978,  causa  C-  12/7.7)  e  che  deve  essere
inquadrata fra i principi fondamentali della Comunita'  sanciti,  tra
gli  altri,  dall'art.  6  della  Carta  fondamentale   dei   diritti
dell'uomo, ratificata dall'Unione europea  stessa.  Il  principio  in
questione viene considerato un corollario di  quello  della  certezza
del  diritto,  nell'ambito  del  quale  viene  individuato   il   suo
fondamento (v. Corte di Giustizia, 19 settembre 2000, Ampafrance  and
Sanofi, causa C- 177/99, 181/99; Corte di Giustizia, 18 gennaio 2001,
Commission/Spain,  causa  C-83/99),  motivo  per  cui  la  Corte   di
Giustizia la utilizza come parametro  di  legittimita'  non  soltanto
degli atti amministrativi ma anche degli  atti  legislativi,  con  la
conseguenza  che  esso  deve  essere  rispettato  dalle   Istituzioni
comunitarie e dagli  Stati  membri  nell'esercizio  dei  poteri  loro
conferiti dalle direttive comunitarie (v. Corte di Giustizia  CE,  14
settembre 2006, cause C- 181/04 e C- 183/04). 
    A livello nazionale, la giurisprudenza della Corte costituzionale
ha recepito in maniera consolidata questo  principio,  riconducendolo
agli articoli 2, 3  e  97  della  Costituzione,  in  quanto  elemento
essenziale dello Stato di diritto (v. Corte costituzionale 27 gennaio
2011 n. 31, ove si afferma la necessita' di evitare che «disposizioni
trasmodino in regolamenti irrazionali che frustino l'affidamento  dei
cittadini nella  sicurezza  pubblica  da  intendersi  quale  elemento
fondamentale dello stato di diritto»), ed espressione  immanente,  da
un  lato,  del  principio  di  uguaglianza  dinanzi  alla  legge,  e,
dall'altro, di solidarieta' cui sono collegati i canoni di buona fede
e di correttezza dell'agire, anche da parte dell'amministrazione, che
deve improntare  la  propria  condotta  a  canoni  di  lealta'  e  di
imparzialita'. Si intravede, in  questi  casi,  anche  la  violazione
dell'art. 117, primo comma, della  Costituzione  per  violazione  dei
vincoli  derivanti  dall'ordinamento  comunitario  e  dagli  obblighi
internazionali, posto che, a  seguito  della  riforma  del  titolo  V
avvenuta nel  2001,  il  legislatore  regionale  deve  esercitare  la
propria potesta' legislativa nella cornice delle competenze assegnate
dall'art. 117 «in osservanza dei vincoli  derivanti  dall'ordinamento
comunitario». 
    Numerose sono le pronunce che, sin dalla sentenza n. 349  del  17
dicembre  1985,  hanno  fatto  applicazione  di   questo   principio.
Recentemente, la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimita'
dell'art. 23 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (concernemente la
nuova disciplina in materia di privilegio) proprio sottolineando  che
«l'assenza di adeguati motivi, l'alterazione del rapporto determinata
dalle  norme  in  discussione,  palesa  la  sua  illegittimita'   per
violazione dei principi di uguaglianza e  di  ragionevolezza  di  cui
all'art. 3 della Costituzione e per violazione  dell'art.  117  della
Costituzione in relazione all'art. 6 Carta fondamentale  dei  diritti
dell'uomo, in considerazione del pregiudizio  che  essa  arreca  alla
tutela dell'affidamento legittimo e della certezza  delle  situazioni
giuridiche, in assenza di motivi  imperativi  di  interesse  generale
costituzionalmente rilevanti» (Ulteriori esempi di  applicazione  del
principio del legittimo  affidamento  di  rinvengono  nelle  seguenti
sentenze: Corte costituzionale 23 maggio 2013 n. 103, 21 ottobre 2011
n. 217, 4 luglio 2014 n. 170, 27 giugno 2013  n.  160,  26  settembre
2014  n.  227).  In  termini   ancora   piu'   espliciti   la   Corte
costituzionale ha affermato che «l'intervento legislativo  diretto  a
regolare situazioni pregresse e' legittimo a condizione  che  vengano
rispettati i canoni costituzionali di ragionevolezza ed i principi di
tutela del legittimo  affidamento  e  di  certezza  delle  situazioni
giuridiche» (v. Corte costituzionale 30 gennaio 2009 n. 24). Ma anche
la    giurisprudenza    contabile    amministrativa    ha    ripreso,
riaffermandoli,  i   pronunciamenti   della   Corte   costituzionale,
stabilendo che «il principio della tutela del  legittimo  affidamento
e' immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico  ed  assolve  ad
una funzione di integrazione della disciplina legislativa o  comunque
un preciso vincolo ermeneutico  per  l'interprete»  (cfr.  Corte  dei
Conti 4 dicembre 2008 n. 942); 
    i dubbi di illegittimita' costituzionale prospettati  dall'attore
per violazione dei principi di ragionevolezza, di  affidamento  e  di
certezza del diritto risultano non manifestamente infondati; infatti,
l'applicabilita' al ricorrente delle nuove disposizioni,  cosi'  come
introdotte dagli articoli 2 e 3 L.R.  de  qua,  produce  «un  effetto
innovativo su fattispecie chiuse  in  pregiudizio  a  posizioni  gia'
maturate» (v. cent. Corte costituzionale n. 160/2013) e  finisce  con
il tradire «l'affidamento del privato sull'avvenuto consolidamento di
situazioni sostanziali», intervenendo  su  situazioni  che  «si  sono
consolidate  con  riguardo  alla   regolamentazione   giuridica   del
rapporto,  dettando  una  disciplina  contrastante  e  sbilanciandone
l'equilibrio a favore di  una  parte»;  cosi'  facendo,  si  tradisce
radicalmente il naturale  e  legittimo  affidamento  dei  destinatari
sull'efficacia  e  sulla  stabilita'  nel  tempo  dei  provvedimenti;
inoltre, tale intervento risulta  privo  di  qualsivoglia  plausibile
ragione capace ed idonea a giustificare  una  cosi'  grave  incidenza
retroattiva su posizioni che si  sono  gia'  realizzate  e  concluse.
Basti pensare: da un lato, che, come documentato in atti e  pacifico,
il Consiglio regionale non e'  in  stato  di  sofferenza  finanziaria
tanto e' vero che la stessa  legge  regionale  non  specifica  alcuna
motivazione a supporto dell'intervenuto riduttivo, che,  quindi,  non
risulta in alcun modo consentaneo ad  alcuno  -  nemmeno  indicato  -
scopo finale; dall'altro, che le disposizioni  censurate  dall'attore
determinano una permanente modifica in  peius  della  disciplina  dei
vitalizi valida per tutti gli assegni diretti ed  indiretti,  per  un
intervallo di tempo indeterminato e senza alcuna progressione una  ex
abrupto; gli articoli 2 e 3, dunque,  introducono  pesanti  sacrifici
economici, imponendoli in via permanente, con effetti  irreversibili,
non consentanei ad alcuno scopo finale; un sistema  cosi'  congeniato
risulta arbitrario ed ingiustificato, tanto piu' se, come  assume  la
Regione, riferito ed applicato soltanto a taluni soggetti  che,  come
l'attore, erano gia' titolari di assegno  di  vitalizio  regionale  e
parlamentare  prima  della  sua  entrata  in  vigore  e   sui   quali
l'incidenza finale della riduzione pesa in maniera elevatissima; 
    a questi profili  di  illegittimita'  va  aggiunto  anche  quello
relativo alla violazione dell'art. 117 della Costituzione dal momento
che l'art. 4 decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  670/1972
riserva alla Regione Trentino-Alto  Adige  una  potesta'  legislativa
limitata alla materia dell'ordinamento degli uffici regionali  e  del
personale ad essi  addetto.  La  riduzione,  tuttavia,  travalica  la
competenza legislativa  regionale,  essendo  la  disciplina  di  tali
questioni e dei correlativi rapporti riservata  alla  potesta'  dello
Stato secondo quanto affermato anche dalla Corte costituzionale nella
sentenza n. 287 del 2016. 
    Prova ne e' che, con l'art. 2 del decreto-legge  n.  174/2012  il
Legislatore nazionale, nel mentre ha dettato una serie di  norme  per
incentivare le regioni  ad  essere  piu'  virtuose,  ha,  in  maniera
inequivoca, fatto  salvi,  cioe'  salvaguardato  da  ogni  intervento
riduttivo (e, a maggior ragione, dalla soppressione),  i  trattamenti
in corso di erogazione, fra i quali rientra  indubbiamente  l'attore.
Il  legislatore  statale,  dunque,  ha  mantenuto  la  salvezza   dei
trattamenti in  corso,  sottraendoli  da  qualsiasi  possibilita'  di
intervento, tanto meno di soppressione e tanto meno  da  parte  della
legislazione regionale, che, intervenendo con la L.R. n.  5/2014,  ha
violato una sfera di competenza statale e  dunque  l'art.  117  della
Costituzione.